Bonobo @Mavù, Locus festival, Locorotondo, July 2017 [Kalporz assignment]

Le performance di Bonobo dal vivo sono state recentemente oggetto di confronto  con alcuni amici Selectors.

Nel 2014 lo abbiamo visto al Magnolia a Milano, in occasione del “The North Borders Tour”. Eravamo un bel gruppo e tutti ricordiamo la sensazione di avere assistito a un gran concerto. La serata è stata molto piacevole. A volte accade che il ricordo di una serata piacevole contamini il ricordo della performance dell’artista; in altre parole: siccome sei stato bene, ti sembra che il concerto sia stato epico, anche se magari si è trattato soltanto di una esibizione poco più che mediocre.

Quest’inverno Margherita, che era nel gruppo del Magnolia tre anni prima, lo ha rivisto al Fabrique. Il nuovo album,  “Migration”, era uscito solo qualche giorno prima. Pare sia stato un live pessimo, così negativo da indurla a lasciare il posto tre quarti d’ora prima della fine del concerto. “Mai più Bonobo dal vivo!” l’ho vista sentenziare, delusa, su Facebook. Posto inadatto, audio pessimo, piattume totale. Non credo nemmeno fosse con tutta la band, pare avesse surrogato alcuni musicisti con un paio di MacBook Pro in più e questo spesso non aiuta. Insomma, un disastro. Che sia stata colpa di una non perfetta “chimica” della serata? Non lo so: non me la sono sentita di chiedere a Margherita con chi fosse quella sera, dato che era stata proprio lei a sottolineare che se sei in un contesto gradevole, il concerto pare migliore.

A luglio di quest’anno il buon Simon Green è tornato dalle nostre parti con tutta la band per due date. Il primo show ha avuto luogo in uno di quei posti in cui è difficile che qualcosa possa andare storto per l’audio, gli impianti o il luogo in quanto tale: stiamo parlando della cavea dell’Auditorium di Renzo Piano a Roma. La sera successiva era al Mavù di Locorotondo, evento a cui ho partecipato per un assignment degli amici di Kalporz, che hanno ottenuto da Radar concerti un pass da fotografo per me.

Curioso di capire cosa mi aspettasse al Mavù, sono andato a cercare commenti a caldo su Facebook sul concerto di Roma. Trovo l’autorevole Raffaele Costantino che sentenzia: “Bonobo live è come il piano bar, ma senza un bancone del bar al quale rivolgerti come anti noia.”. Hah! Andiamo bene. Però io so che a lui Bonobo non piace, lo trova noioso e freddo, lo ritiene un po’ l’emblema di ciò che non dovrebbe essere la musica elettronica, spesso troppo calcolata e ripetitiva. Accidenti stiamo parlando di Raffaele Costantino, uno che ha vinto il Gilles Peterson Awards, uno che è appena stato a caccia di suoni nuovi coi musicisti Tuareg nel deserto fra il Mali e la Mauritania… ci può stare che Bonobo semplicemente non gli piaccia, no? Oppure ha ragione lui, e noi siamo tutti ascoltatori poco attenti, capaci di dare giudizi condizionati prevalentemente dal mood della serata?

Arriva il 9 luglio. Alle 20 ritiro il mio pass all’ingresso del Mavù. Sono da solo.

Apre L I M, nuovo progetto solista di Sofia degli Iori’s eyes. Si sente tantissimo l’influenza degli Aucan, mi piace il modo in cui la potenza del suono contrasta con l’immagine esile di lei e credo che le foto suggeriscano le stesse sensazioni.

Bonobo dispiega una band ricca. Sul palco sono in 8, contro solamente 3 MacBook Pro. L’esecuzione è buona, il suono è pulito, la scenografia è accattivante, il pubblico è contento, i panzerotti sono squisiti, il vino è buono. Raffaele Costantino desidererebbe qualche variazione sul tema in più: “un reef di chitarra o un po’ di negritudine”, come ha scritto sul suo Facebook (si, ha scritto proprio reef, non riff. Io cito). Ma come fai a pretendere un riff di chitarra da Bonobo? Sarebbe come chiedere un do di petto a Tricky, andiamo.

Grande concerto, punto e basta. Con qualche magia inattesa alla fine, almeno per quanto mi riguarda. Consiglierei Bonobo dal vivo a tutti quelli a cui piace. Se non vi piace, state pure a casa.

 

Love 4 Live Music

Bologna, 12 Novembre, ore 20:00

Un locale interessante nel centro di Bologna, un ottimo DJ set e una proiezione di fotografie dai principali live degli ultimi anni … fra cui le nostre! Qui il link all’evento Facebook:

Music Visionaire

Vi forniamo qualche dettaglio in più sulla esposizione fotografica:

4 fotografi di Bologna, esperti di reportage di concerti e performance musicali dal vivo, decidono di unire i propri portfolio per fare un omaggio alla loro grande passione per la musica live, e al tempo stesso ad un’area geografica che sa dare valore ad eventi fuori dal mainstream. Ne nasce un lungo racconto, un’antologia di eventi di generi musicali diversi (dall’elettronica al rock indipendente, dall’R&B al jazz), interpretati da punti di vista differenti ma tutti con lo stesso denominatore comune: la passione.

La passione è impressa nei volti degli artisti, è palpabile nella vibrazione delle immagini, è presente nei luoghi in cui gli eventi occorrono, è enfatizzata dalle luci dei palchi, è visibile nel pubblico che vive dentro l’evento ed intorno all’evento. E’ anche nascosta nell’energia e nella dedizione che il fotoreporter di musica deve sapere esprimere per poter portare a casa gli scatti. Quando il fotografo nutre una sincera passione per il soggetto, l’empatia nasce facilmente e le immagini diventano racconti ed emozioni. Questo è quanto accade nel progetto Love 4 Live Music.

Gli eventi ripresi sono tutti concentrati nell’arco degli ultimi anni, hanno luogo prevalentemente nella città di Bologna o nel raggio di pochi chilometri, con alcune illustri eccezioni.

Francesca Sara Cauli – (www.francescasaracauli.com) Vive e lavora a Bologna. Dal 2008, combinando il suo grande amore per la musica con la fotografia, si occupa di reportage di musica dal vivo e di ritratti backstage. Ogni anno ritrae decine di artisti, sia sul palco che dietro le quinte. Segue la scena rock internazionale, in particolare l’ambiente indipendente ed underground. Nel 2010 arriva finalista con segnalazione d’opera al concorso “Fotografare la Musica”. Nel 2013 si aggiudica il premio per l’innovazione artistica Marte Awards in qualità di “Miglior Fotografo Live 2012”. Tra le sue pubblicazioni: Rolling Stone Magazine, The Guardian, MOJO, Il Mucchio Selvaggio, Rumore Magazine, La Repubblica XL, Rockerilla, Sentireascoltare, Popular Photography Magazine, Il Venerdì di Repubblica, La Repubblica, Il Corriere, Fotografare, Digital Camera e il Resto del Carlino. E’ la fotografa ufficiale del Beaches Brew Festival sin dai suoi esordi nel 2012, in Italia fotografa prevalentemente per Rumore Magazine e Sentireascoltare. Di quest’ultimo si occupa anche di gestire l’intera sezione fotografia e il team dei fotografi. Da due anni, con la collaborazione di Radio Città Fujiko, tiene corsi specifici per la fotografia live (Qui il link alla prossima edizione del workshop)

Claudia Gugliuzza – Nata e cresciuta nella provincia di Palermo tra fotografie, dischi dei Beatles e fiori, si trasferisce nel 2014 a Bologna per intraprendere gli studi filosofici. Nel 2015 si approccia per la prima volta alla fotografia di eventi musicali e culturali entrando a far parte di Radio Fly Web (http://www.radioflyweb.it/) come speaker e fotografa. Successivamente estende le sue collaborazioni entrando negli staff di Outsiders Webzine (http://outsidersweb.it/) e Oca Nera Rock (http://www.ocanerarock.com/). Attualmente studia fotografia presso la Libera Accademia di Belle arti di Firenze.

Giorgio Lamonica – Vive a Bologna dal 1997 e si dedica alla fotografia di musica live, nel tempo libero, da tre anni. E’ stato allievo di Francesca Sara Cauli alla scorsa edizione del workshop “Making Music with Pictures”. Fa parte del collettivo Music Selectors (www.musicselectors.com), a cui contribuisce con reportage (non solo fotografici) di festival di musica elettronica e concerti R&B, Psychedelic Soul, Nu Jazz.

Stefania Olivieri – E’ nata a Bologna, citta in cui vive. Appassionata di fotografia sin dall’infanzia, da circa un anno fotografa concerti della scena indipendente e scatta ritratti. Ha partecipato alla prima edizione del workshop organizzato da Francesca Sara Cauli “Making Music with Pictures”

José James @Bravo Caffè, Bologna, 22 aprile 2016

 

 

– Papà dove siete stati ieri sera?

– Ad un concerto bellissimo, Lorenzo!

– Ah, e chi suonava?

– Jose James. Te lo ricordi? Guarda, ho fatto qualche foto, eccole qui.

– Wow! Ma chi è? Il Pazzo?

– No Lori, il Pazzo si chiama Moodymann. Questo è Jose James, l’abbiamo sentito qualche volta insieme, te lo ricordi?

– E che genere canta? Hip hop?

– Anche. E’ un cantante un po’ soul, un po’ jazz e un po’ hip hop. Ti faccio sentire qualcosa. Ecco, questo è un pezzo hip hop:

– Che ne pensi?

– Figo!

– Questo, invece, è un pezzo soul. Ascoltalo e dimmi se ti piace:

– Ma è sempre lui??

– Si si, sempre lui. Senti com’è diverso?

– Woow

– E questo invece è un pezzo jazz:

– …ma è suo fratello?

– No no, sempre lui! Bravo, no?

– Wooooow

– Senti Lorenzo ma qual è il brano che è piaciuto di più a te?

– Quello hip hop! Yo, maaaan!

– Bravo Lillo, ci sta.

Aspettando i Bob Moses

Di qui a due giorni i Bob Moses saranno in Italia, mercoledì 9 Marzo al Locomotiv di Bologna e il giorno seguente al Quirinetta di Roma.

Giusto per chiarire: mi riferisco al duo canadese che da qualche anno sta avendo un grande successo soprattuto negli Stati Uniti e non al più noto omonimo batterista jazz di New York City, classe 1948. Parlo del duo Bob Moses, composto da Jimmy Vallance e Tom Howie (mi dice wikipedia), entrambi di Vancouver.

Chi conosce i Bob Moses, acquisita la notizia può tranquillamente saltare il resto del post. Tutti gli altri sono invitati a leggere oltre, soprattutto coloro che si aspettano che da queste pagine possano uscire, talvolta, suggerimenti musicali interessanti, sempre rigorosamente fuori dal mainstream.

Non so perché, ma ho la sensazione che questi due eventi stiano passando sotto tono. Se ho ragione, questi due eventi rischiano di diventare assolutamente memorabili: vi è mai capitato di ritrovarvi a sentire un gran bel concerto in un luogo per nulla affollato? Si gode come dei ricci e ci si chiede “ma per quale motivo al mondo qui ora non c’è una ressa di gente? Come è possibile che il posto sia mezzo vuoto?” Ecco: ho la sensazione che siamo in procinto di assistere ad un paio di eventi così.

Di che musica stiamo palrando? Parliamo di un pop elettronico gentile e minimalista, caratterizzato da bassi profondi, ritmi semplici, voci delicate e testi pop. Parliamo di cose semplici e ben confezionate, con citazioni tecno e psychedelic soul. (Cos’è per me lo psychedelic soul? Ci tornerò presto, in un altro post).

Molti sanno che l’etichetta musicale per la quale un artista suona, dice da sé già molto delle caratteristiche dell’artista. In questo caso stiamo parlando della Domino Records (quella di Anna Calvi, degli Arctic Monkeys, di Jon Hopkins, dei Wild Beasts, di Panda Bear e Lou Barlow, per citarne alcuni). E’ corretto aspettarsi di trovarsi di fronte a qualcosa di facile e sofisticato allo stesso tempo.

Dei Bob Moses adoro il minimalismo e la predominanza assoluta del basso. E spero di trovare il Locomotiv mezzo vuoto, dopodomani sera, in modo da godere come un riccio, fare un sacco di foto senza stress e pubblicare qui sopra una bella gallery.

Se mercoledì sera o giovedì sera non sapete cosa fare e siete dalle parti di Bologna o di Roma, approfittatene. Ma non spargete troppo la voce.

 

 

 

La piromania dei Big Boss Man

I quattro britannici capitanati da Nasser Bouzida lasciano il segno e ci ricordano che non c’è bisogno di essere troppo sofisticati per avere una personalità forte e decisa. Basta avere un po’ di pazzia e la giusta miscela di ritmo e stile.

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Ubriaco da tempo di concerti e set con megasuoni ultrasonici e attrezzature al limite della fantascienza, avevo dimenticato l’effimero piacere della musica viva e suonata. E così in un tiepido sabato sera l’assoluta devozione alla bassa fedeltà e il suono grezzo e sporco dei Big Boss Man mi ha riportato coi piedi per terra.

Un gruppo con una formazione classica (facile facile: batteria, basso, chitarra e organo hammond) che è riuscito ad infuocare persino la consumata aria emiliana ed ha risvegliato il sorriso, il divertimento e la voglia di muoversi. Energici e sudati, armati di camicie a righe e svarioni acidissimi hanno centrifugato soul, funk e psichedelia all’ennesima velocità: le percussioni riportano a galla un disco come Bongo Rock e lo condiscono con chitarre fuzz ed un organo incendiario che muove tutto il Vibra di Modena senza far rimpiangere l’assenza di una sezione fiati.