L’intimità degli affreschi fiorentini. Bilal – Unplugged Sala Vanni

 

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Firenze 4 Marzo 2016

Le aspettative della serata sono spropositatamente alte. Bilal torna in Italia dopo anni e lo fa con stile da vendere in una location monumentale: all’interno della Basilica di Santa Maria del Carmine, nell’omonima piazza fiorentina, nella Sala Vanni. Il live inizia in un’atmosfera del tutto intima – non si contano più di centocinquanta persone -; immediatamente dopo l’applauso di benvenuto, il silenzio viene rotto da Bilal Sayeed Oliver che invita caldamente il pubblico a lasciarsi andare, ad intraprendere un viaggio insieme alla band – costituita da un chitarrista ed un bassista -. E si parte. I primi pezzi sono, inaspettatamente, una serie di vere e proprie ballad che non danno materialmente spazio a particolari virtuosismi da parte del trio, benché riescano a creare una solida premessa per ciò che sta per arrivare. Prepotente, infatti, decolla ‘Sometimes’, straordinariamente interpretata anche in chiave acustica, dove l’assenza di un organo viene bilanciata dalla ritmica sfacciatamente strascicata del duo. Ecco, ora ci siamo, si viaggia. A questo punto il cantautore di Philadelphia ricorda la recente scomparsa dell’inimitabile David Bowie, e lo fa nel migliore dei modi, dedicandogli il pezzo scritto assieme al suo caro amico Robert Glasper: l’interpretazione di Butterly è un climax ascendente di energia, letteralmente un volo in acustico. E’ proprio qui che Bilal dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, di poter qualsiasi cosa con quella voce – un po’ meno con la chirarra, decisamente non il suo punto forte -. All’ombra degli affreschi raffiguranti storie della Passione di Cristo è il turno di un altro omaggio, questa volta a Maurice White, fondatore e leader degli Earth Wind and Fire: la cover di ‘Can’t hide love’ lascia tutti senza fiato e sul coro finale si canta a squarciagola. Notevole anche l’interpretazione di diverse tracce dell’ultimo album, ‘Satellite’ su tutte, che non pare far rimpiangere i vecchi tempi. Certo, quando sul finale parte il riff di ‘Soul Sista’ tutto sembra ridimensionarsi a confronto, ogni cosa prende forma con maggior chiarezza: è proprio nel corso di quest’ultimo pezzo che si riesce finalmente a cogliere a pieno l’unicità di un concerto come questo, in un posto così speciale.

Giuseppe Panebianco

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